Il tramonto di Giggino

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Sic transit gloria mundi, ammonivano i Padri Latini, ma la gloria di Luigi De Magistris pare davvero passata in un lampo.

Soltanto un paio d’anni fa l’ex Pm era stato trionfalmente eletto Sindaco di Napoli, quando si era candidato a capo di una lista personale, sfidando i partiti tradizionali, aprendo la stagione dell’ennesimo nuovo “rinascimento” napoletano, dopo quelli annunciati e promessi negli anni trascorsi da altri noti esponenti politici, eppure oggi già si ritrova con una giunta indagata per metà dei suoi componenti, un’attività amministrativa paralizzata e nessuno degli obiettivi che si era prefisso non diciamo raggiunto, ma proprio nemmeno avvicinato.

Un completo fallimento che per la verità non può essere sorprendente, se si ripensa al soprannome di Giggino o’Flop che l’ex magistrato, figlio e nipote di magistrati, com’è abitudine di questo Paese.

O’ Flop era il nome, O’Flop ci si doveva attendere e O’Flop è puntualmente arrivato. Un Flop talmente manifesto che lo stesso sindaco “arancione” lo ha certificato durante una evidente crisi depressiva che l’ha visto autore di una lunga sequenza di messaggi su Twitter, chi li ha contati dice 22, attraverso i quali ha non solo accusato un po’ tutti di averlo lasciato solo e attaccato in tutti i modi (il pericoloso sintomo di un complesso di persecuzione?) ma ha pure ammesso i propri evidenti limiti, nascosti fino a ieri da una spaventosa egolatria che gli aveva fatto guadagnare l’altro nomignolo di “narcisindaco”.

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La cosa più brutta è che il sindaco De Magistris, pur ammettendo il fallimento, minaccia di continuare nella sua azione di onesto ma incapace amministratore, il che la dice lunga sul futuro prossimo della città di Napoli.

La speranza di noi tutti è che almeno il sacrificio dei napoletani è servito ad evitare che O’ Flop si estendesse su scala nazionale, sapendo bene che le aspirazioni di De Magistris erano quelle di far “rinascere” non solo la sua città natale ma tutta la Nazione!

 


Il Pirlas che è in noi

Elena Gadžievna Isinbaeva

Elena Gadžievna Isinbaeva

<Adesso, ho sempre le vertigini, e oggi, 23 gennaio 1862, ho subito un singolare avviso, ho sentito passare su di me il vento dell’ala dell’imbecillità>

Così scriveva Charles Pierre Baudeleire nei suoi Diari Intimi. Una sensazione, quella provata dal Poeta, che ogni individuo dotato di una capacità di auto analisi probabilmente si trova a sopportare più volte durante la propria esistenza. Questa  capacità è proprio quella che ci permette di evitare che l’imbecillità che ci sorvola ci faccia commettere azioni delle quali in seguito potremmo pentirci e vergognarci.

Non tutti però sembrano però esserne dotati in modo sufficiente e, specialmente nell’epoca della comunicazione istantanea, quella offerta da Internet e dai social network, il pericolo di commettere qualche passo falso è altissimo. La possibilità di ripensarci e di cancellare e riscrivere i propri pensieri è di fatto quasi inesistente. Quello che viene scritto è registrato e condiviso in pochissimi secondi, eternando gli sfondoni, gli errori, le cattiverie e qualsiasi altra sciocchezza si sia prodotta in quell’attimo in cui l’ala dell’imbecillità ci ha fatto ombra, con conseguenze a volte catastrofiche.

Elena Gadžievna Isinbaeva

Elena Gadžievna Isinbaeva

Una piccola catastrofe è quella che di certo  s’è abbattuta su Gianluigi Piras, consigliere comunale Cagliaritano del PD, che come molti politici nazionali e locali ha voluto affidare al suo account su Facebook pensieri e considerazioni sul “caso Isinbayeva”.

La famosa atleta russa, conosciuto universalmente  oltre che per le sue vittorie e per i suoi record anche per la bellezza e l’avvenenza, aveva nei giorni scorsi rilasciato alcune dichiarazioni sulla legge che il governo del suo Paese aveva promulgato per vietare la propaganda di stili di vita diversi da quelli tradizionali, in presenza di minori di anni 12.  Quello della ancora campionessa mondiale, titolo appena conquistato a Mosca, era solo un invito fatto agli stranieri a rispettare le leggi e le tradizioni del suo Paese, ma l’argomento anti o pro gay era troppo ghiotto per non servire a creare il solito polverone mediatico, che puntualmente ha avvolto l’atleta, divenuta immediatamente persona sgradita agli ambienti laici, progressisti e liberali.

Le dichiarazioni di condanna e di esecrazione nei confronti della bella Elena si sono così susseguite al ritmo incessante per un paio di giorni. Tutti, piccoli e grandi politici, intellettuali o comuni mortali, hanno voluto dire la loro, trinciando giudizi non sempre degni di gentlemen o ladies e tra questi Gianluigi Piras ha voluto spiccare con un paio di commenti che hanno lasciato il segno.

Probabilmente il consigliere comunale di Cagliari aveva giudicato, abbastanza superficialmente, i suoi scritti come brillanti e divertenti, ma l’espresso desiderio di vedere l’atleta russa stuprata sulla pubblica piazza non è piaciuto a tanti, specialmente ai vertici del Partito Democratico, sempre attento a non travalicare i limiti del politicamente corretto.

pirlas

Gianluigi Piras

Al povero pirlas Piras non è servito cancellare i commenti, disabilitare l’account, dichiarare di essere stato frainteso (giustificazione già espressa nelle stesse note sotto accusa) e per lui sono scattate le dimissioni e una, almeno momentanea, sospensione della carriera politica.

Non che Piras non abbia trovato in rete numerosi sostenitori, perché di pirlas coperti dall’ala dell’imbecillità è piena l’Italia e il Mondo intero. Sono infatti tanti a sostenere ancora oggi che l’Isinbayeva una lezione la meriterebbe, così impara!

State attenti però, giustizieri improvvisati, che la bella Elena non sembra decisamente un agnellino pronto per il macello e probabilmente tanti Italonzi (quelli tanto gonzi e tanto stronzi), in un eventuale confronto fisico con l’atleta russa, potrebbero trovarsi a mal partito.


Una questione di Eleganza

Nonchalance

Nonchalance

Siamo finalmente venuti a capo del perché la sinistra illuminata italiana, quella che non è comunista ma laica progressista e liberale, ce l’ha tanto con Silvio Berlusconi.

Abbandonate ogni teoria socio politica che avete sostenuto fino ad oggi, perché è in realtà tutta una questione estetica, una diversa concezione di eleganza.

Ce lo spiega con arguzia e acutezza il blogger del Fatto Quotidiano Pierfranco Pellizzetti, che smesse per un attimo le vesti del “saggista” (qualunque cosa abbia voluto significare con questa parola usata per autoraccontarsi nella sua bio personale) ha indossato per un giorno la toga di Tito Petronio Nigro (è proprio Nigro e se si scrive Nero in ossequio al politically correct si intende un’altra cosa) il famosissimo, almeno speriamo, esteta del primo secolo dopo Cristo, autore del Satyricon.

Secondo Pellizzetti la crisi italiana è in massima parte dovuta proprio all’involuzione del gusto dell'”Italiota” medio (che è la naturale categoria umana alla quale il saggista fa riferimento) indotto dall’industria del consumo di massa, oltre che dalla produzione in serie delle merci, e dalla pubblicità, di cui naturalmente Berlusconi è, con le sue televisioni, uno dei massimi, se non il massimo, responsabile.

Del resto è con la sua stessa figura da tappo cafone rifatto che il quasi ex Cavaliere di Arcore diffonde l’ineleganza presso il popolo italico, Non gli bastano infatti i vestiti tagliati e cuciti sulle sue misure dai più capaci artigiani della Penisola per dargli l’aspetto dell’uomo elegante: statura e misure, sempre più larghe con l’età che avanza,  lo condannano ad essere la parodia dell’elegantone delle commedie dei primi decenni del secolo scorso. Un uomo senza speranza, un grasso porcello che saltella goffo nella sala da ballo credendo di librarsi agile come Fred Astaire.

Ci sarebbe stato da aspettarsi, da parte dell’autore dell’articolo,  un qualche richiamo alla Pop Art di Andy Warhol o alla nascita dell’alta moda pronta, detta anche prêt-àporter da quelli che ancora pensano che sia chic parlare Francese), che diede, nella seconda metà del secolo scorso, alle masse popolari che in quel momento affrontavano un processo di arricchimento mai provato nella storia dell’umanità, l’illusione di vestirsi come i “signori”, magari pagando a rate i capi di vestiario.

Forse sarebbe stato però troppo difficile far digerire il piccolo ma dotto saggio agli Italonzi (gli italiani gonzi e pure stronzi) subito accorsi a commentare entusiasti l’articolo. Un vero florilegio di citazioni su cosa l’eleganza è e deve essere, da un nugolo di esteti che immaginiamo impegnati a digitare i loro alati pensieri avvolti da elegantissime vestaglie di seta o in inappuntabili Principi di Galles, in attesa di poter magari sintonizzarsi sulla prossima puntata di Stracult, il programma del servizio pubblico di RAI2 che da anni forma il gusto dei migliori tra gli italiani.

Miss Fottemberg

Miss Fottemberg

La trasmissione ideata e curata da Marco Giusti, il critico cinematografico che ha “riscoperto” e “rivalutato” i B movies all’italiana e propagatore indefesso e entusiasta delle “cazzatone divertenti” che ci arrivano da tutto il mondo, ma  anche grazie a Quentin Tarantino, il regista Statunitense amatissimo dalla critica e dal pubblico che sa cosa è giusto e bello, che ne ha fatto la sua fonte primaria di ispirazione. Stracult  va in onda ormai da anni, formando la nuova classe di intellettuali dell’ex elegante Belpaese, con la presenza indispensabile della diva dell’eleganza e della giusta misura degli anni 2000, la graziosa Eva “Miss Fottemberg” Henger, la musa degli Italiani che stanno sempre dalla parte giusta.


La Giustizia di Marco Travaglio

 

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Sono ormai anni che il giornalista Torinese Marco Travaglio si propone come il vero e l’unico interprete in terra della Dea della Giustizia, fustigando chiunque abbia idee diverse dalle sue e da quelle dei suoi amici (in genere alcuni sostituti procuratori della Repubblica).

L’ultimo in ordine di tempo a fare le spese della riprovazione di Travaglio e ad essere lapidato a mezzo stampa dal guru dell’informazione è Danilo leva,  il neo nominato responsabile per la Giustizia del Partito Democratico, giudicato dal discepolo illegittimo di Indro Montanelli non all’altezza di occuparsi di questi temi, come del resto il suo predecessore Andrea Orlando, per mancanza manifesta di titoli ed opere.

A questo punto perfino l’italonzo medio, l’italiano un po’ gonzo e un poco stronzo, si potrebbe chiedere chi è Marco Travaglio per rilasciare licenze e diplomi in tema di Giustizia, dal momento che egli stesso non è in possesso di un titolo accademico, a meno che non si arrivi a pensare che possa esserlo quello conseguito, con molta calma a 32 anni.

I fedeli del guru potranno però facilmente obiettare che il loro Santone si occupa ormai da anni di Giustizia e che lo ha sempre fatto in maniera impeccabile, tanto da farsi la fama di essere così preciso e inappuntabile che mai nessuno è riuscito a smentire quello da lui scritto.

Una fama smentita dalle numerose condanne che Travaglio ha collezionato durante la sua attività professionale, come correttamente riporta la su richiamata voce di Wikipedia, ma ormai inscalfibile agli occhi dell’italonzo, per il quale subito si appaleseranno  gli  spettri dei complotti orditi per colpire lo scomodo cronista senza macchia e senza paura.

Basterebbe però la lettura nemmeno troppo attenta dell’editoriale di Travaglio per capire immediatamente che lo scrivano torinese parla a vanvera di argomenti appresi forse al telefono con qualche toga amica, ma che non ha potuto approfondire, preso dai suoi mille impegni.

L’argomento principale dell’articolo, la proposta di abolire la pena dell’ergastolo fatta da Leva, è affrontato in maniera così superficiale che non si può non pensare che l’autore avesse in mente ben altre cose quando scriveva. Il solo riportare la paternità della proposta nientemeno che a Salvatore Riina detto Totò o’ Curto, riconosciuto capo di Cosa Nostra, farebbe sbellicare dalle risate lo studente di giurisprudenza alle prese con l’esame di diritto penale, perché lui sarebbe al correnti di come la discussione sulla legittimità della carcerazione a vita è una questione antica nel dibattito dottrinale, antica almeno quanto la stessa carata Costituzionale (senza poi addentrarci sulla autenticità del cosiddetto papello e della “trattativa” ad esso collegata, il documento nel quale Riina pose allo Stato la condizione sopra menzionata).

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Troppa carne al fuoco per essere affrontata nel post di un blog, ma vale la pena di sottolineare come, nell’ottica del vice direttore del Fatto Quotidiano, tutti coloro che, tra studiosi, avvocati e intellettuali vari (oltre  alle centinaia di militanti del partito radicale) hanno durante questi decenni di Repubblica proposto l’abolizione del carcere a vita devono essere considerati dei favoreggiatori della mafia, se non dei veri e propri criptomafiosi.

Il finale dell’articolo è poi esilarante, perché lo stesso Travaglio ammette infine che l’ergastolo… di fatto è già stato abolito, ragione per la quale il povero Leva, additato come colui che vuole liberare centinaia di sanguinari boss mafiosi condannati all’ergastolo, che secondo Travaglio non se n’era accorto, può essere offerto al divertimento dei suoi seguaci, che non si fanno scrupolo di insultare il malcapitato nei commenti all’articolo.

La chiosa finale in realtà dimostra solo la superficialità di chi l’articolo l’ha scritto, che non ha avuto nemmeno l’avvertenza di ragionare un attimo su quanto, per esempio dichiarato da uno dei sostituti procuratori suoi amici, il dottor Vittorio Terenzi.

In una intervista rilasciata al suo stesso giornale, il dottor Terenzi ha infatti spiegato molto chiaramente, dopo aver affermato che: “In linea generale, io non sono neanche contrario”,  come l’attuale regime delle pene carcerarie sia il risultato di interventi parziali sulle singole norme e dei soliti provvedimenti tampone e occorrerebbe una riforma generale della materia, in modo da poter evitare interpretazioni delle norme ed effetti non voluti.

A questo punto chiunque può essere autorizzato a pensare che l’argomentazione usata da Travaglio per colpire Leva e il suo partito, detto poi da noi che mai abbiamo avuto non dico legami ma simpatia per il Partito Democratico, è non solo ingiusta e capziosa, ma pure diffamante. Cosa che in fondo non può sorprendere.

Kali

Del resto ormai Travaglio ha smesso da tempo di essere un giornalista. Da tempo non da più notizie. Da quando ha smesso di fotocopiare gli atti giudiziari fornitegli da qualche procura. Oggi preferisce  indossare i paramenti del gran sacerdote di una  nuova religione, quella dei fedeli della dea Giustizia. Una giustizia che non assomiglia però alla donna bendata che con la mano sinistra soppesa le colpe dei rei con una bilancia, prima di colpirli con la spada che impugna con la destra. La dea Giustizia di Travaglio appare molto più simigliante alla indiana dea Kalì, la distruttrice, che con le sue quattro braccia fa strage di uomini e cose. Non di meno il gran sacerdote si è pure munito di un discreto numero di fanatici fedeli pronti ad offrire alla dea i necessari sacrifici umani,


Italioti e Italonzi

Il Gran Guru degli Italonzi.

Il Gran Guru dell’Italonzo

Da ormai qualche anno l’abitudine ad etichettare i priori connazionali come “Italioti” dilaga nelle chat e nei forum nazionali. Il termine, dobbiamo dirlo subito, non ha nulla a che fare con il nome che gli antichi Greci attribuivano agli Elleni abitanti nelle colonie della cosiddetta Magna Grecia e rappresenta piuttosto la crasi tra termini Italiani e Idioti e viene di solito riferita alle persone che sono ritenute poco o male informate dei fatti, influenzate in modo massiccio dall’informazione tradizionale, televisiva specialmente : il cosiddetto Mainstream (perché i bene informati usano spesso parole prese in prestito dall’Inglese).

Ad usare il termine sono soliti invece personaggi che in rete fanno sfoggio continuo e puntuale di conoscenze “alternative”, fondate sulla consultazione delle opere di studiosi boicottati dalle autorità scientifiche e accademiche, nonché dalle istituzioni statali, perché svelano gli incredibili imbrogli del Potere e di come un ristretto gruppo di persone domina il mondo.

Le correnti di pensiero in questo campo sono in verità disparate e sono i gusti personali a guidare i ben informare verso gli argomenti che sono più di loro gusto, anche se non c’è alcun dubbio che tutti, magari anche senza saperlo, hanno un debito di riconoscenza verso David Hicke, scrittore inglese infaticabile propagatore di verità nascoste .

A farla da padrone in Italia sono naturalmente coloro che s’interessano degli incredibili complotti del Vaticano, tramite magari l’oscura organizzazione dell’Opus Dei (e con un ormai ventennale best seller costituito dalle vicende dei rapimenti delle ragazze Orlandi e Gregori) e quelle legate agli attentati terroristici internazionali, che sono sempre e soltanto opera della Cia con la collaborazione del Mossad, raccolti intorno alla paterna figura dello scrittore e giornalista Giulietto Chiesa, del quale si può leggere un’interessante raccolta di articoli sul blog che lo stesso pubblica sul sito del Fatto Quotidiano.

Il grande rivelatore di segreti degli Italonzi

Il grande rivelatore di segreti degli Italonzi

Ma è in fondo lo stesso quotidiano fondato da Marco Travaglio ad essere la fonte principale dalla quale i cittadini che non si fanno beffare dal mainstream traggono le loro informazioni ed è il luogo nel quale s’incontrano (in special modo sul sito internet del giornale) per approfondire fatti e misfatti della politica e del potere nazionali.

Inutile rilevare che secondo il guru di Torino, il direttore del quotidiano Padellaro, il direttore del sito internet Peter Gomez, il padre nobile Furio Colombo e i giornalisti e blogger dell’unica libera fonte d’informazione i mali dell’Italia hanno un solo nome, quello di Silvio Berlusconi, che da buon caprone espiatorio viene accusato di ogni calamità accada sul territorio nazionale (senza dimenticare i suoi nefasti rapporti internazionali con i peggiori dittatori del pianeta, da Bush Junior a Vladimir Putin per finire con il Kazako Nazarbaev).

Lettori così ben informati non si fanno certo infinocchiare come degli Italioti qualsiasi, specialmente oggi che il loro giornale preferito ha affiancato decisamente il movimento politico di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, l’unico che ha discusso e discute importantissimi temi, come quello del signoraggio bancario, delle scie chimiche, dei microchip impiantati sotto pelle ai cittadini ignari, fino alle manovre delle grandi multinazionali per nascondere invenzioni che potrebbero rendere inutili l’uso di carburanti o di detersivo, come la famosissima e indimenticabile Biowashball.

Il profeta degli Italonzi

Il profeta degli Italonzi

Eppure, lettori e osservatori così attenti non hanno saputo scorgere, nei vent’anni di potere Berlusconiano trascorsi, che il Primo Gennaio del 1999, con a capo del Governo Romano Prodi, l’Italia ha adottato una moneta straniera che in una sola notte gli ha dimezzato il potere d’acquisto e il patrimonio mobiliare; che in un crescendo rossiniano i governi guidati dallo stesso Prodi e con ministri come lui strettamente legati ai grandi poteri finanziari internazionali (legami pubblici e facilmente verificabili) hanno trasferito la sovranità nazionale a enti alieni, non eletti dai cittadini e come tali privi di qualsiasi legittimità a rappresentarli; non si sono accorti che il 16 Novembre del 2011 quelli stessi poteri finanziari internazionali hanno effettuato un vero e proprio colpo di Stato, facendo cadere un governo costituzionalmente eletto per sostituirlo con uno guidato dal professor Mario Monti, ennesimo uomo legato a quegli ambienti (hanno invece farse (hanno invece festeggiato, secondo i voleri del gran sacerdote Travaglio, per essere stati liberati dal “Nano” malefico): non si sono accorti di queste manovre eversive neanche davanti alle spontanee confessione degli stessi Prodi e Monti, che ingenuamente hanno rilevato di come essi sapessero fin dal principio che l’euro sarebbe stato per gli Italiani una tragedia ma che “le crisi sono necessarie per convincere della necessità delle riforme”.

Non si sono accorti di niente di avvenimenti accaduti, ma che ancora accadono, alla luce del sole, troppo occupati forse a scrutare i misteri più oscuri.

A questo punto in redazione qualcuno ha voluto coniare un nuovo termine per definire questi illuminati concittadini, che possa fare da pendant a quello di Italiota: l’Italonzo, che è crasi di ben tre parole e vuol identificare l’italiano che è un po’ gonzo ma pure un po’ stronzo, valutando di volta in volta se un individuo è più gonzo o più stronzo!


Come t’invento un’emergenza: il “femminicidio”.

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Fino a qualche mese fa non esisteva nemmeno il termine, come hanno fatto notare con entusiasmo le fantasiose creatrici della nuova forma di reato, raccolte nella sezione “donne di fatto” del sito del fatto Quotidiano, in un articolo nel quale festeggiavano invece l’entrata del termine da loro inventato tra le chiavi di ricerca più utilizzate dagli utenti del motore di ricerca Google..

Che già la creazione di un nuovo reato non da parte del legislatore, ma da una lobby, un gruppo di pressione sociale, fa già capire che ci troviamo di fronte ad un’aberrazione giuridica. Chiunque dotato di un minimo di buon senso capisce subito che la creazione del primo delitto di genere, quello dell’uccisione di un essere umano di sesso femminile, è il primo passo per distruggere il principio dell’eguaglianza di ogni cittadino davanti alla legge, qualsiasi sia il loro sesso, la loro razza e la loro religione, come afferma la Costituzione della Repubblica Italiana.

Ma i vecchi studiosi ci aveano messo in guardia sulla variabilità delle regole morali e sulla possibilità che anche quelle che ci possono sembrare conquiste capitali nel campo dei diritti civili possono essere rimesse in discussione e, del resto, a questo mondo sono esistite e esistono ancora in qualche distante paese ben peggiori enormità.

La cosa che più lascia perplessi è invece il modo in cui un parlamento, seppure debole e impegnato in faccende più importanti (almeno speriamo che lo sia), abbia potuto rispondere a una richiesta basata su una campagna di stampa, o meglio una vera e propria manovra propagandistica  basata su dati falsi.

Perché il massacro di donne innocenti denunciato dalle donne e dagli uomini di “fatto” questo è, una montatura e sono i numeri a dimostrarlo, a meno che le inventrici del nuovo reato non possano dimostrare che è l’Istat, l’ente nazionale di statistica a dichiarare il falso.

Secondo l’istat infatti, non solo non c’è l’eccezionale crescita di uccisioni di donne, ma una sostanziale diminuzione dello stesso. In realtà l’Italia da sempre si segnala uno dei paesi meno violenti del pianeta e quello col minor numero di omicidi in genere. Negli ultimi anni si è poi osservato un netto calo degli omicidi commessi dalle grandi organizzazioni criminali, cosa che ha fatto crollare il rapporto percentuale tra il numero complessivo degli individui uccisi e quelli di sesso maschili, mentre il numero di donne uccise è calato di meno, in numeri assoluti, ma è comunque calato.

Solo una fuorviante e ben orchestrata campagna di disinformazione poteva influenzare parte dell’opinione pubblica, quella in genere sempre pronta impegnarsi in battaglie senza senso, utilizzando un canale di informazione, quello del Fatto Quotidiano, da qualcuno (molto pochi per verità, almeno a vedere il numero dei lettori del quotidiano).

Ma perché impegnarsi tanto per ottenere una legge così palesemente inutile? In realtà non è quello l’obiettivo vero delle “esperte” donne di fatto. lo si buon capire dagli articoli con i quali le battagliere “esperte” hanno oggi accolto il testo approvato dalle camere. Una serie di critichi non tanto al contenuto del provvedimento, quanto su quello che esso non contiene e che dovrebbe, secondo loro, essere aggiunto.

Mancano “percorsi di recupero”, strutture di “recupero”, sia per le vittime che per i carnefici e interventi “organici” per mutare l’ambiente culturale in cui il femminicidio si concretizza. naturalmente mancano soprattutto i finanziamenti per funzione a dovere le strutture sopra indicate, tutte da affidare ad “esperte” ed “esperti” di provata capacità. facile a questo punto intuire che a muovere certe iniziative non sono stati solo motivi ideali e che magari qualche conflitto d’interessi la categoria delle  “donne di fatto” lo coltiva.


Il M5S di Beppe Grillo non serve a niente

Politico Grillino

Politico Grillino

Dovevano aprire il parlamento come una scatola di tonno, tanto che si fecero fotografare con tanto di apriscatole in mano,  i 162 grillini eletti in parlamento, ma dopo quasi cinque mesi possiamo tranquillamente affermare che fino ad oggi la presenza del movimento all’interno del palazzo della politica non ha prodotto nessuno dei cambiamenti annunciati.

Sarà forse perché nella scatola i miracolati da Beppe Grillo invece che tonno ci hanno trovato del caviale, cosa che sembrano aver apprezzato molto, ma pare proprio che nei mesi trascorsi essi hanno speso gran parte del loro tempo a decidere sul come spartirsi i soldi che sul come incidere sulle politiche nazionali.

Non che si potesse sperare chissà cosa dagli esponenti grillini. la tragica presentazione dei neoeletti andata in diretta streaming sullo stesso sito del movimento creato da Beppe grillo e Gianroberto Casaleggio aveva ben illustrato da subito quale miscuglio di incompetenze, illusioni e mitomanie fosse composto il nuovo gruppo politico. La condanna all’irrilevanza politica era pertanto scontata.

Si può considerare in realtà già un piccolo miracolo se la compagine pentastellata ha perso solo poche unità, almeno fino ad ora, ma pure questo è in realtà dovuto alla pochezza dei singoli eletti, tra i quali è veramente difficile ravvisare la presenza di qualche individuo capace di spiccare per capacità proprie e capace di prendere decisioni importanti e decisive per il proprio e l’altrui destino. Meglio rimanere intruppati tutti insieme nello sciame dei grillini, dunque, perché almeno finché il fenomeno durerà il pane e il companatico non mancheranno.

Questa chi se la ricorda?

Questa chi se la ricorda?

Quello che più sorprende è però vedere come siano gli stessi Grillo e Casaleggio a non riuscire a riprendere un sensato percorso politico,  prigionieri come sono del sogno di una rivoluzione pacifica promesso ai loro elettori.  Il duo sa bene che ogni possibile alleanza di governo con il PD, pure auspicata da alcuni degli eletti, porterebbe solo disillusioni tra gli elettori, non potendo in alcun modo realizzare Neanche uno dei, peraltro pochi,  punti programmatici del movimento: l’alleanza in realtà si sfalderebbe già davanti alla prima proposta del movimento, ovvero l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. la proposta segnerebbe la stessa fine del PD.

Il futuro dei parlamentari grilli sarà quindi quello di recitare in parlamento la parte degli spettatori pagati, in attesa che succeda qualcosa che li riporti alla loro occupazione precedente, quella di attivisti della rete, una realtà dalla quale nessuno avrebbe mai dovuto in realtà distoglierli.


A che serve avere un Governo?

Un Governo?

Un Governo?

A che serve indire una consultazione elettorale, se la volontà popolare sarà inascoltata?
Questa è la riflessione che l’elettore medio di questo paese chiamato, forse non ancora per molto tempo, Italia dovrebbe fare, leggendo le cronache dal palazzo.
Appare ormai evidente a tutti che il governo incarica, come già il precedente, è eterodiretto e che le decisioni vengono prese altrove che a Roma, gloriosa e cadente capitale di uno Stato che fu.
L’ultima uscita del ministro per lo sviluppo economico Fabrizio Saccomanni sulla impossibilità di abolire l’Imu sulla prima casa appare infatti chiaramente come una voluta imposizione della volontà del potere centrale europeo e segnatamente della BCE di Mario Draghi, di cui Saccomanni è il diretto referente all’interno del governo Letta, contro quella di una parte della politica italiana, quella più restia a non obbedire agli ordini dei veri potenti del continente.
Impossibile infatti pensare che il governo non sia capace di trovare due miliardi di euro, su un bilancio totale di ottocento, per coprire l’abolizione della tassa più odiata dagli italiani, e che si stia invece volutamente cercando lo scontro frontale con l’opposizione, contando sul fatto che nessuno vuole veramente far cadere il governo e che è praticamente impossibile tornare alle urne.
Abbastanza comico notare pure che quelli che dovrebbero fare da cani da guardia della democrazia, i media liberi e democratici, abbaiano al colpo di Stato se qualcuno “attenta” alla vita del governo, seguendo quelle che dovrebbero invece essere le regole sulle quali si fondano i regimi democratici, che prevedono l’alternanza dei governi quando quelli in carica  perdono il sostegno popolare, ma fingono di ignorare che il colpo di Stato c’è già stato, quando fu nominato Presidente del Consiglio il senatore a vita Mario Monti e con la trasformazione di fatto della Repubblica Parlamentare in Repubblica Presidenziale.
Non c’è alcun dubbio che la situazione reale del paese è così grave e ingarbugliata che alcuni strappi costituzionali erano indispensabili, ma il fatto che dopo due anni la situazione non solo non è stata sanata ma si continua imperterriti a continuare nel solco tracciato dell’illegalità costituzionale (e mentre gli accecati “partigiani” della carta costituzionale gridano all’attentato contro ogni tentativo di riforma) costruiscono invece “emergenze” inesistenti.
Solo tanti utili, inconsapevoli  idioti che aiutano i carnefici a distruggere l’Italia senza rendersene conto, oppure mercenari senza onore pronti a qualsiasi bassezza in nome del soldo? Un dubbio che si va via via sciogliendo con il tempo che passa, facendo optare per la seconda ipotesi.
Sembra infatti impossibile che, davanti ad un piano ormai così sfacciatamente pubblico e comprensibile di spoliazione morale, economica, culturale e civile ai danni di un popolo (più popoli se guardiamo a cosa sta accadendo in tutta Europa), persone acculturate e di normale intelligenza continuino a non capire.
A capire sono invece tanti italiani, che però non hanno né voce né mezzi per farla sentire adeguatamente, solo possono estraniarsi dalla vita civile, rinunciando ad esercitare quei diritti politici propri dei cittadini di uno Stato democratico, sancendo la definitiva rottura del patto sociale che è alla base di ogni regime politico: lasciamoli soli i nostri politici, che continuino pure ad esercitarsi nelle loro inutili strategie e tattiche da corridoio. Sono esseri ormai inutili, burattini senza fili che inseguono un potere le ricche prebende riservati ai servitori di Palazzo.


La Rivoluzione di “Poldo” Telese

Istantanea - 08082013 - 11:25:20

Se lo stato di salute una Nazione si dovesse misurare dalla qualità della sua informazione, di sicuro l’Italia presenterebbe un quadro clinico preoccupante, come del resto è ampiamente dimostrato dalle varie classifiche sulla libertà di stampa, che assegnano da sempre al nostro paese un ranking da terzo mondo.

Per molto tempo si è voluto dare l’unica responsabilità del fenomeno al solito caprone espiatorio rappresentato dal Cavalier Silvio Berlusconi, che concentra nelle sue mani, almeno secondo i suoi critici, la maggior parte dell’informazione televisiva, ma nessuno può però negare che le cose non sono migliorate quando, per forza di cose, Berlusconi ha perso la poltrona di presidente del consiglio e, di conseguenza, quella sulla televisione di Stato, peraltro da sempre soggetta ad una tutt’altro che trascurabile influenza dei partiti di sinistra.

A questo punto si dovrebbe cominciare piuttosto a pensare che la cattiva qualità dell’informazione italiana è la semplice risultanza del lavoro di una pessima corporazione di giornalisti, sempre solo pronti a servire l’editore che gli paga lo stipendio più che informare in modo il più possibile completo e corretto il lettore o telespettatore. Una gravissima distorsione della missione del giornalista, tenuto conto del fatto che i maggiori editori dei mezzi d’informazione sono industriali, banche e imprenditori vari con fortissimi interessi e collegamenti politici.

Poldo

Poldo Sbaffini

Non stupiscono pertanto le fortune professionali di personaggi come Luca Telese, da noi ribattezzato il Poldo Sbaffini del giornalismo italiano, professionista in grado di vendere per acute, incalzanti e rivelatrici interviste anche le più apologetiche presentazioni dell’esponente politico di turno, come accaduto ieri sera con la trasmissione dedicata dal giornalista cagliaritano al ministro per l’integrazione Cécile Kyenge.

Sfidiamo chiunque a capire quali informazioni interessanti sul ministro e sul suo progetto politico siano ieri state rivelate dal “terzo grado” al quale Telese e il suo collega de L’Espresso Marco Damilano hanno sottoposto l’esponente politica arrivata dal Congo.

Eppure le domande da poter e dover fare non erano poche e nemmeno difficili da formulare, a cominciare da quelle per far comprendere agli italiani chi e per quale ragioni ha nominato ministro della Repubblica la sconosciuta oculista di Modena e, in un impeto di coraggiosa critica costruttiva, far magari presente che certe idee propugnate dal ministro sull’integrazione e sul multiculturalismo sono state già da anni smentite dai fatti.

Non sarebbe nemmeno difficile informarsi sull’insostenibile peso sui welfare di Stati avanzati come quelli Scandinavi hanno prodotto le politiche d’integrazione care alla Kyenge e ai suoi sponsor,  sulle sempre più frequenti, ma ignorate dalla stampa, rivolte nei ghetti delle grandi città, sulle confessioni spontanee di ex protagonisti della scena politica inglese, che hanno rivelato come l’immigrazione massiccia nelle periferie urbane era stata usata come arma per provocare la disintegrazione  del tessuto sociale britannico, oltre che fornire un supporto elettorale che consentisse alla sinistra di ribaltare il rapporto di forze con gli avversari.

Ci vorrebbe poco, ma evidentemente anche quel poco è troppo per il nostro Poldo, già pronto per lasciare La7 per trasferirsi in Mediaset, alla corte del gran caprone espiatorio in persona. Del resto non è la prima volta che telese si ritrova a lavorare per il cavaliere di Arcore, essendo già stato per diversi anni al Giornale di Milano. Perché la specialità di Telese  è proprio quella di rimanere se stesso in qualunque realtà gli capiti di lavorare. A Mediaset o al fatto Quotidiano lui non dirà e scriverà mai niente che possa inquietare nessuno!

 


Narciso 3000

995721_652108898149966_1841116348_nL’idea di questo articolo c’è venuta leggendo del profondo pensiero scritto da una utente del social network Twitter, la piattaforma che obbligando ad esprimersi con al massimo 140 caratteri costringe a sintetizzare al massimo i concetti, tanto che si rischia col tempo di diventare dei cultori di Haiku.

L’ignota scrittrice stigmatizzava la moda delle ragazze di fotografarsi col telefonino davanti allo specchio, per poi diffondere le immagini in rete, attraverso i vari social network. Una moda che, secondo la signora è esecrabile, oltre che esprimere tutta la superficialità e la mancanza di contenuti morali delle ragazze di nostri giorni. Un deriva morale che, secondo la fustigatrice di costumi, ha un causa e un colpevole ben precisi nei 20 anni di dominio dell’apparenza sulla sostanza e nel suo teorico e maestro assoluto: Silvio Berlusconi.

Dobbiamo sinceramente ammettere che l’uso del capro espiatorio preferito degli italiani ci ha fatto questa volta sorridere, che pensare a Silvio Berlusconi come l’ispiratore e il modello da seguire da parte di migliaia e migliaia di ragazze in tutto il mondo ci è parso un po’ eccessivo anche per le mefistofeliche capacità di convinzione del Cavalier Banana da Arcore.

Sono infatti tantissime le fotografie di ragazze, di tutte le razze e nazionalità, che si fotografano davanti ad uno specchio, controllando con occhio attento e soddisfatto le rotondità dei propri glutei, piuttosto che la linea scolpita degli addominali. Una moda derivata chiaramente dalla mania della forma fisica e dell’apparire che è nata e si è sviluppata molto lontano da Arcore, ma che pure la forza della propaganda è riuscita ad etichettare come berlusconiana e antidemocratica.

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