Europa è una madre che fa figli e figliastri

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Le autorità dell’Unione Europea erano state inflessibili: bisogna che i paesi dell’Unione seguano una politica economica di rigore e austerità, dicevano, e in special modo quelli che hanno problemi di un deficit pubblico, dicevano e obbligavano a fare.

I risultati delle direttive dettate dai tecnocrati di Bruxelles si son subito visti. La recessione economica non solo non si è attenuata, ma ha continuato a peggiorare e ha portato un paese come la Grecia in uno stato di tale prostrazione che proprio un paio di giorni fa l’organizzazione umanitaria Amnesty International ha lanciato un allarme (al quale purtroppo si sono accodati alcuni sciacalli, che hanno diffuso false notizie circa saccheggi e disordini vari verificatesi nel paese ellenico) sullo miseria dilagante nel paese.

Olli Rehn

Olli Rehn

Eppure non era difficile prevedere che le politiche di austerità avrebbero provocato il disastro che è oggi sotto gli occhi di chiunque voglia vedere, saltando l’informazione prona al potere politico e le distrazioni di massa offerti da spettacoli canori e partite di calcio. Per tutti era stato ben evidente da subito che la Grecia non avrebbe potuto mai ripagare il debito contratto con i sottoscrittori dei suoi titoli di Stato, soprattutto se le si fosse imposta una politica di tagli e di aumento della pressione fiscale che hanno fatto crollare il PIL del paese,  il potere d’acquisto di stipendi e salari e di conseguenza i consumi, in un vortice senza fine. Tutti sapevano, ma non i potenti euroburocrati di Bruxelles, che rifiutarono sempre ogni richiesta Greca, ma anche Italiana, Spagnola, Portoghese, di posticipare le scadenze imposte per risanare i bilanci. La Commissione Europea si mostrò sempre inflessibile nel far rispettare i suoi dettami, almeno fino a ieri.

Notizia di oggi è che:

“Se la crescita si deteriora in maniera imprevista, un Paese può beneficiare di rinvii per la correzione del deficit eccessivo”.

Queste le parole del commissario europeo Olli Rehn, annunciando quindi un cambiamento di percorso nelle politiche economiche per affrontare la crisi e un allentamento del rigore di bilancio imposto ai paesi membri dell’Unione. Un cambiamento di percorso che non era stato possibile ottenere da Grecia, Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda, ma che stato invece accordato dopo che il ministro delle finanze Francese Jean Marc Ayroult (proprio quello che diede del “minable” a Gerard Depardieu) ha avvertito che la Francia non sarà in grado di rispettare l’obiettivo di ridurre il deficit pubblico al 3% per il 2013.

Per la grande madre Europa quello che non si poteva fare per la piccola Grecia si può invece concedere alla grande Francia, uno dei due paesi, con la Germania, a considerarsi egemone dell’Unione.

Jean marc Ayrault

Jean marc Ayrault

Ormai però il danno è fatto e soprattutto per la Grecia l’allentamento dell’austerità non potrà di certo ricostruire una economia della produzione ormai distrutta e un mercato del lavoro diretto verso la completa cinesizzazione, ovvero un’offerta di occupazioni con salari ridotti, per produrre a basso costo beni di largo consumo per i grandi gruppi industriali del pianeta.

Ma il problema più grande è che ancora oggi, nonostante tutti possono quasi toccare con mano gli effetti delle imposizioni della UE, sono troppi, anche se in diminuizione costante, a non ritenere la UE e la sua moneta unica la vera causa del disastro. Vero è che alcuni governi non hanno agito per il meglio, quando era possibile ridurre il debito pubblico con maggior facilità, ma non v’è alcun dubbio che per paesi come l’Italia non è il debito pubblico il problema principale, quanto l’adozione di una moneta straniera che protegge una economia forte come quella tedesca, ma è deleteria per quella italiana, costretta a competere con i suoi concorrenti giocando con le loro regole, i loro strumenti e i loro arbitri.

Del resto lo stesso Rehn non rinuncia ad ammonire l’Italia nel seguire la politica di austerità fin qui seguita e considerata “convincente” (e più volte ha indicato in Mario Monti il capo del governo ideale, non rinunciano ad intervenire nella politica interna italiana.

Adesso però tocca agli Italiani scegliere e speriamo che diano a Rehn e ai suoi colleghi una risposta chiara e di facile interpretazione.