Piccole evasioni, grandi oppressioni

L’ennesimo salvataggio della Grecia da oggi un poco di ossigeno alle borse, che recuperano qualche decimale e aiuta a comprimere lo spread tra i btp italiani e i bund tedeschi, nonostante anche oggi per l’Italia e l’Europa non arrivino notizie positive sulla possibile ripresa economica. proprio oggi infatti l’Ocse taglia ancora le stime sul Pil italiano, avvertendo che le conseguenze si faranno sentire sull’aumento della disoccupazione e del debito pubblico e la necessità di ricorrere ad una nuova manovra finanziaria.

Notizie non nuove e non inattese. Siamo sicuri che non siano inattese anche dal presidente del consiglio Mario Monti, nonostante negli ultimi giorni non si sia risparmiato nel dichiarare a stampa e televisioni che il peggio è ormai passato, grazie naturalmente all’opera indefessa del governo da lui guidato. Una difesa del proprio operato e un mettere avanti le mani sulla composizione del prossimo governo, che molti vogliono ancora da lui presieduto, che la dice lunga sul momento di confusione che in Italia sta vivendo il dibattito politico. Sembra che ormai la gran parte del ceto politico voglia mettersi alle spalle l’esperienza del governo tecnico, ma senza privarsi dell’opera del presidente della Bocconi, il quale dovrebbe rimanere titolare del dicastaro dell’economia in un eventuale governo di centrosinistra, perdendo per sempre l’innocenza del tecnico prestato alla politica per necessità.

Ma la cosa peggiore è che l’eventuale prossimo governo di centrosinistra, con Monti ministro o super visore dal palazzo del Quirinale, sicuramente continuerà nell’opera iniziata dai cosiddetti ministri tecnici, che poi altro non è che la linea imposta dalla UE e già interpretata dai governi di centrosinistra che si sono succeduti in questi ultimi 20 anni. Perché anche se tanti non se lo ricordano, grazie soprattutto ad una ossessiva campagna di disinformazione operata dalla grande stampa e da alcune emittenti televisive, in questi ultimi due decenni il centrosinistra ha governato per circa il 48% del tempo, prendendo pure decisioni importantissime, che hanno segnato il destino della Nazione, come l’adozione dell’euro, le prime leggi sulla riforma del mercato del lavoro e la riscrittura dell’art 5 della Costituzione in materia di regioni, che hanno prodotto le conseguenze che oggi possiamo osservare.

La strada che si continuerà a percorrere sarà dunque quella che già si è dimostrata più che inefficace e le parole di Monti fanno disperare che si possa neanche tentare di cercare un’altra via: le frasi riguardo alle priorità da percorrere per arrivare alla ripresa economica, attraverso una riduzione della pressione fiscale ormai insostenibile, sono infatti assai deludenti. Monti ha infatti ripetuto gli stessi logori slogan che da anni vengono pronunciati da coloro che di volta in volta governano il Paese: la riduzione delle tasse sarà finanziata dal taglio della spesa pubblica e dalla lotta all’evasione fiscale.

Per la prima voce basta osservare che in un anno di governo monti e i suoi colleghi tecnici sono riusciti solo a tagliare i servizi ai cittadini, specialmente a quelli più bisognosi in tempa di sanità e riduzione delle pensioni, mentre non è stato capace di togliere neanche un centesimo ai finanziamenti ai partiti e alla cosiddetta casta della politica, come nemmeno è riuscito a liquidare nemmeno uno degli innumerevoli carrozzoni mesi in piedi solo per regalare soldi pubblici alla clientela degli stessi politici.

Per la seconda i crudeli numeri sono addiriura più impietosi, perché dimostrano come nell’ultimo anno, a fronte delle spettacolari esibizioni in quel di Cortina D’ampezzo della guardia di Finanza e dei roboanti annunci del direttore delle Agenzia delle Finanze (e presidente di Equitalia) Attilio Befera, sul fronte del recupero dell’evasione fiscale non si è fatto molto meglio dell’anno precedente, facendo chiaramente intendere che il cospicuo aumento delle entrati fiscali è stato ottenuto solo grazie all’aumento delle imposte fiscali ai cittadini che da sempre sono in regola col fisco.

Eppure non dovrebbe essere difficile desumere, dalle stesse argomentazioni addotte del dottor Befera, il perchè la lotta all’evasione sia da sempre un fallimento. Sull’evasione fiscale e l’economia sommersa esistono vari studi e stime, ma prendendo per buoni i dati portati da Befera, che parlano di un’evasione fiscale per il 2012 stimata di 120 miliardi di euro e considerato che gli studi della Banca D’Italia hanno dimostrato che gran parte dell’economia sommersa attiene alle attività malavitose, al lavoro nero nell’industria e a transazioni finanziarie oscure, si finisce con il dedurre che l’evasione fiscale del popolo delle partite iva, che è quello sotto il microscopio dell’agenzia delle entrate, rappresenti una minima parte, attorno al 5% del totale, e pensare di poter recuperare da essa chissà quali tesori è un’utopia. Come sempre ci si concentra sul marginale e si ignora il principale.

A capirlo sono stati però gli italiani, che magari non avranno studiato alla Bocconi ma sanno ragionare col vecchio buon senso del buon padre di famiglia, tanto è vero che la popolarità del Premier Monti è precipitata ormai ai minimi storici, tanto che il professore è stato superato dal sindaco di Firenze Matteo Renzi nel gradimento come prossimo primo ministro. Secondo le ultime rilevazioni infatti, gli italiani non solo si dichiarano pessimisti per il futuro dell’economia e per le loro condizioni di vita, ma bocciano senza incertezze ledisposizioni fiscali care a Befera.

Tutti elementi che fanno presagire per il futuro forti tensioni, dovute alla probabile formazione di un governo poco popolare e costruito a tavolino per soddisfare le esigenze delle grandi banche e dei poteri internazionali: un governo dispotico, eterodiretto e minoranza nel paese. Una miscela esplosiva.

 

Aggiornamento delle ore 14:35

Purtroppo non si riesce a finire di scrivere che bisogna aggiungere altri dolori ai precedentemente elencati: il presidente Monti, nonostante avesse affermato solo ieri che il peggio è ormai passato, ci fa sapere che in futuro il servizio sanitario nazionale potrebbe non essere più garantito. Che dire: cerchiamo di non ammalarci!


Attilio Befera: un uomo un perché

Attilio Befera

Da ormai molti mesi il nome del dottor Attilio Befera è uno dei più ricorrenti nelle cronache nazionali, grazie all’impegno che le due cariche da lui occupate, quelle di direttore dell’Agenzia delle Entrate e di presidente di Equitalia, e ultimamente per il suo senso della privacy, dopo che l’alto  funzionario dello Stato ha querelato il settimanale “Oggi” per aver pubblicato le foto del suo recente matrimonio.

Una ben strana iniziativa, quella della querela al settimanale, se si pensa che il dottor Befera è il principale responsabile della costituzione di un centro di ascolto, se possiamo chiamarlo così, che farebbe invidia a quello messo in piedi dalla Stasi, l’agenzia di spionaggio della ormai defunta Repubblica Democratica Tedesca, raccontato tra gli altri  da Florian Henckel Von Donnersmark nel film “Le Vite degli Altri”.

Già dal 15 Ottobre infatti, tutti i dati dei conti correnti bncari degli italiani sono sotto la diretta osservazione dell’ormai onnipresente Agenzia delle Entrate, vero e proprio centro di osservazione di tutto quanto si muove in Italia, nuovo e potentissimo mezzo per finalmente debellare il fenomeno dell’evasione fiscale, almeno secondo le intenzioni del dottor Befera e di quanti sostengono le sue iniziative, come l’ex magistrato Bruno Tinti, che dal suo blog sul Il Fatto Quotidiano ci delizia con delle considerazioni sul concetto di Privacy e con le sue dissertazioni su come dovrebbe essere amministrata la giustizia ci porta immediatamente a respirare quella stessa grigia e pesante atmosfera del citato film di Henckel Von Donnersmark.
Per confermarci  che lo coloro che scelgono le strategie fiscali dello Stato italiano non hanno alcuna intenzione di perseguire la strada più logica, ovvero la creazione di un sistema fiscale semplice e trasparente, che renda difficile nasconder redditi e patrimoni, ecco che oggi il dottor Attilio Befera annuncia inoltre che finalmente (con un anno di ritardo) annuncia l’entrata in vigore del nuovo “redditometro“, l’arma finale nella lotta contro gli evasori, lo strumento col quale stanare finalmente tutti i renitenti al fisco e sanare le finanze dello Stato. Lo stesso Befera descrive il funzionamento del redditometro e su come inciderà sulle posizione di ben 5 milioni di famiglie che, secondo l’alto funzionario, sono a “rischio” evasione fiscale, perché pur dichiarando di non avere reddito spendono e sopravvivono.

Inutile rimarcare come il principio dal quale parte l’iniziativa è quello che deve essere il cittadino a provare di essere innocente e non che sia il fisco a dimostrare la sua colpevolezza, come in ogni buon sistema dittatoriale è giusto che sia.

Si capisce immediatamente che lo Stato, o le sue istituzioni, come in questo caso l’agenzia delle entrate, ha come sempre partotito la solita gigantesca macchina burocratica destinata al fallimento, come sono state in passato fallimentari i vari blitz della guardia di finanza nelle località turistiche, che furono solo fumo per dimostrare che si stava facendo qualcosa contro l’evasione fiscale. Il pericolo grosso è che l’introduzione del nuovo redditometro rischia di comprimere ancor di più i già scarsi consumi di tante famiglie che finora sono riuscite a tirare avanti alla meno peggio, perché è chiaro che lo strumento approntato dal dottor Befera e i suoi collaboratori andrà a verificare i solo i consumi dei meno abbienti, in genere pensionati e lavoratori al minimo, mentre non toccherà minimamente quelli dei possessori di grandi fortune, (nonostante tanti studi dimostrino che solo il 5% dell’evasione fiscale è attribuibile al cosiddetto popolo delle partite iva, essendo il grosso di competenza della grande industria, della grande finanza e della criminalità organizzata), magari celate dentro partecipazioni societarie con sede fiscali all’estero. Si tratta in conclusione di spremere l’ultima goccia del limone ormai più che sfruttato, con l’assoluta certezza che il fallimento dell’iniziativa, l’ennesimo a carico del fisco italiano, non influenzerà in nessun modo la carriera del dottor Befera, che continuerà tranquillamente ad occupare le sue due poltrone e ad incassare i suoi due, lauti, stipendi che i cittadini gli elargiscono.


Pecula tu che peculo anch’io

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Uno degli elementi cardine di ogni programma elettorale di ogni prtito nazionale è la lotta all’evasione fiscale, vista come la più importante risorsa per recuperare i fondi da destinare agli investimenti per la ripresa economica, ma pure per sostenere il traballante welfare, come anche per assicurare una maggiore efficienza dei servizi essenziali che lo Stato deve ai cittadini contribuenti, oltre che, naturalmente, ripristinare la giustizia sociale, facendo pagare a tutti quanto debbono all’erario.

Sembra proprio che sia la panacea per tutti i mali che affliggono il Paese, peccato che sia una favoletta destinata a soddisfare gli stomaci dell’opinione pubblica più incline a ragionare con gli intestini che con il cervello, perchè basterebbe fare pochi calcoli per vedere come le cifre stimate come possibili recuperi dell’evasione fiscali sono delle chimere.

In realtà la lotta all’evasione, portata avanti dalle agenzie di riscossione stampa e tanto strombazzata dalla stampa, recupera sempre risorse molto al di sotto delle previsione, per il semplice motivo che i suoi obiettivi sono la miriade di piccoli evasori, che spesso non pagano il fisco soltanto per cercare di mantenere in vita le loro attività economiche, magari esercitate completamente al nero, e che una volta incappati nelle maglie del fisco nemmeno sono in grado di pagare quanto richiesto: in realtà spesso l’azione del fisco non fa che cessare un’attività produttiva, provocando nuova disoccupazione, anche se clandestina, e un nuovo calo di ricchezza prodotta, pur se in modo illecito.

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Un paradosso, se vogliamo, ma purtroppo rale e concreto. Bisogna peraltro considerare che le agenzie di riscossione si guardano bene dal perseguire le attività dei grandi gruppi, investigando sui movimenti di capitali verso società con sede all’estero, e ignorano completamente l’attività degli enti pubblici.

Sarà infatti difficile vedere il presidente di Equitalia, dottor Atilio Befera, così attivo conro gli esercenti che non rilasciano lo scontrino, inviare lettere minacciose all’Inpdap, che non ha versato i contributi pensionistici relativi ai dipendenti statali, provocando un buco di 10 miliardi nei bilanci dell’Inps, ente con il quale l’Inpdap è stato fuso pochi mesi or sono all’interno di un piano di efficienza e risparmio che si sta rivelando una Caporetto finanziaria.

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Ma c’è di peggio, perché a volte le agenzie di riscossione i tributi li riscuotono pure, solo che non li versano a chi di dovere, cioè allo Stato (quello stesso Stato che ha evaso il fisco per più di 10 Miliardi),come è il caso dell’agenzia Tributi Italia, il cui presidente ed alcuni suoi collaboratori hanno pensato bene di tenersi i soldi versati dai cittadini per pagare l’Ici, imposta tra l’altro incostituzionale.

Che dire: pecula tu che peculo anch’io, perché ormai sembra chiaro che l’emergenza nazionale non è tanto l’evasione fiscale, o almeno non lo è quella perseguita dall’inflessibile Befera, ma il peculato, che è un reato tipico della Pubblica Amministrazione e consiste nell’appropiazione indebita di denaro pubblico che il dipendente o incaricato statale detiene per servizio.

In fine il punto debole dello Stato italiano si rivela essere la sua stessa struttura, che appare un colabrodo nei suoi strumenti di controllo, e nella qualità degli uomini chiamati a rappresentarlo, siano essi politici eletti o funzionari vincitori di concorso o nominati da un ente pubblico.

Un comportamento, quello dell’Inpdap e, in ultima analisi, dello Stato, che non sarebbe stato perdonato a nessun imprenditore privato che non avesse versato i contributi per i suoi dipendenti, ma del quale Equitalia e Befera non sembrano essersi nemmeno accorti.

Chissà che al professore Mario Monti non venga in mente, dopo le tristi vicende che arrivano ogni giorno dalle sedi dei consigli regionali e quelle che provengono da qualsivoglia ente statale, non arrivi a capire che sarebbe ora di dare una stretta al funzionamento della burocrazia pubblica, un oganismo pachidermico quanto inefficiente, corrotto, putrefatto e perfino dannoso per l’economia nazionale.

Per ora in realtà non sembra proprio che al governo sia sia intenzionati ad agire su questo versante, verso il  quale tutti hanno sempre mostrato un vero e proprio timore riverenziale, quasi pensando che il voto degli statali, parastatali e dei loro familiari sia l’unico che decida il vincitore delle elezioni, che in fondo quello dei poveracci tartassati può essere sempre comprato con poco.

Di fronte però a simili disastrose prove di disonestà, maramalderia e rozza megalomania sarebbe il caso di fare qualcosa, anche per placare l’irritazione di tanti che, perfino in un Paese tutto sommato pacifico come il nostro, potrebbero alla fine portare anche manifestazione violente.